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Lo avrai notato anche tu, navigando sui social, quanto gli utenti siano a volte feroci nei loro commenti. Usano spesso insulti o brutte parole per esprimere il loro dissenso. Anziché argomentare si affidano a facili sproloqui. Ma cosa genera questo sfogo carico di odio? Altro odio. Un altro sfogo. Ancora urla. Per un crescendo che alla fine, ci rende tutti più brutti e soli.
Esattamente come un qualsiasi utente, quando l’azienda parla (scrive) in rete, esercita un potere, quello di condizionare il comportamento di chi l’ascolta (legge). Può infondere in lui una reazione positiva o indurlo ad odiare. Può trasferirgli un atteggiamento costruttivo o distruttivo.
Ogni volta che sceglie le parole da usare per esprimere un pensiero o per rispondere ad un commento sceglie il tipo di reazione da suscitare nel suo interlocutore. Non solo in generale, nei confronti degli altri e del mondo, ma anche in particolare, nei propri confronti. Indipendentemente dal concetto, il modo in cui si esprime può indurre a farsi amare, o a farsi odiare; a farsi stimare o a farsi screditare.
Questo discorso apparentemente da peace&love – parlare bene per farsi voler bene – ma che in realtà tocca argomenti importanti come l’etica, l’educazione e la responsabilità sociale, si traduce, da un punto di vista meramente economico, in vendite perse o acquisite. A seconda di come l’azienda parla, non solo si gioca la reputazione e condiziona la sua immagine, ma decreta anche l’allontanamento o l’avvicinamento dei consumatori.
Facciamo l’esempio del recente caso Chicco. Non tutti hanno apprezzato il video “facciamo il boom delle nascite”. In molti li hanno tacciati di fascismo. Sul caso non vogliamo aggiungere altro al già detto e ripetuto da vari esperti. Possiamo solo dire che non ci ha fatto ridere ma neanche ci ha indignati. Quel che ci interessa qui è che nei commenti alcuni utenti sono stati molti duri, ma il team di social media manager della Chicco ha saputo non scendere a quel livello, moderare il linguaggio nel rispondere, spiegarsi, smorzare i toni, ogni tanto scherzare e quando serviva, tacere.
Ogni social media manager si sveglia al mattino e sa che dovrà affrontare provocazioni di utenti che non conosco il codice del buon parlare in rete, e sa che dovrà rispondere nel miglior dei modi o il suo Brand si farà molto male. Questo vale sempre: quando scrive post, commenta o risponde ai commenti.
Le parole sono lo strumento che abbiamo per comunicare sui social. Ci si può tagliare anche con un banalissimo coltello da cucina, dipende da come lo si usa.
Per questo ti proponiamo di leggere, aderire e diffondere il Manifesto di Parole O_Stili per le aziende: 10 punti fondamentali che ci guidano nell’uso delle parole, in maniera responsabile e fruttifera.
Un mondo migliore social dove abitare è possibile e le Aziende ci credono!